"Bella, assolata e gaia la mia Rocca sotto l'usbergo del Castello antico canta alle valli assorte, al verde aprico, dolce armonia che nel cuor rintocca". Così scriveva l´artista e poeta Cesare Torelli del suo borgo natio, Roccacasale, che tra tutti si erge maestoso e strategico in uno degli altipiani che caratterizzano la provincia dell'Aquila: la Conca Peligna. L'esemplare castello che spicca sull'abitato e sulla valle costituisce uno dei manufatti più singolari nell'ambito dell'architettura fortificata abruzzese e ancora oggi resta il simbolo di questo paese, segnandone il profilo che cattura lo sguardo anche da considerevole distanza.
Edificato su un sito impervio alle pendici del Monte Morrone a controllo del borgo sottostante, l´impianto apparteneva allo strategico scacchiere difensivo Peligno. I vari signori del castello lottarono per ottocento anni contro qualsiasi invasore fino alla distruzione finale, ad opera dei francesi nel 1799.
La struttura urbanistica del centro è tipicamente medievale con le case addossate sulle falde della montagna, le stradine interne tracciate in senso radiale e le abitazioni che seguono la natura del terreno. Tutto l´abitato si può dividere in due zone: quella situata nella parte alta, costituita dal castello e dal primo borgo sorto intorno ad esso, l´altra più a valle di espansione successiva.
Usanze e superstizioni basati su riti pagani e credenze popolari derivate dalle antiche genti peligne, insieme al significato religioso che si è voluto aggiungere nel tempo, costituiscono una delle migliori attrattive di Roccacasale. Non dimentichiamo che il centro ha avuto sempre il nomignolo di "paese delle fatture e dei fattucchieri", poiché l´arte dei maghi veniva trasmessa anche di padre in figlio.
Anche tesori nascosti non mancano in questa località. Si tramanda, infatti, che nella località "Dietro le mura" esistono due pozzi che secondo la tradizione orale servivano agli abitanti di Corfinio (borgo a due passi da Roccacasale) durante la guerra sociale per raffreddare le monete coniate per l'occasione. Il fatto, che presenta anche risvolti storici veritieri, è stato rielaborato nel tempo dal popolo fino a convincersi che da quei pozzi uscissero fate e folletti.
Un tempo, si racconta, questi esseri apparvero ad una donna che si era recata sul pianoro per la raccolta della legna. Le fate la invitarono ad entrare in una di quelle buche dove si trovava il loro palazzo affinché facesse una buona provvista di monete. Mentre la donna si accingeva a varcare il portone del palazzo, improvvisamente la gonna le si attorcigliò alle gambe impedendole di camminare. Così le fate sparirono nel nulla. Ancora oggi qualcuno pensa che sull´omonimo Colle delle Fate si trovi un tesoro da recuperare.
Sullo stesso promontorio si trova un interessante sito archeologico risalente a periodi antecedenti al dominio romano con mura ciclopiche, antiche costruzioni e selvagge terre contornate da infiniti panorami che spaziano dalla Maiella al monte Genzana, dal Porrara al Sirente e su tutti i borghi della vallata. In questo luogo di tranquilla quotidianità fanno eco ancora oggi le storie di passati gloriosi, caratterizzati da antichi signori guerrieri, o funesti come le tragedie imposte da terremoti e guerre. Su tutto, però, da secoli la Rocca veglia e custodisce nell´assoluta certezza che nulla sarà dimenticato e che l´antico splendore di questo borgo tornerà presto a rinnovarsi.
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Per le foto panoramiche sul borgo si ringraziano Antonio Santangelo e Roberto Sancini per la gentile concessione.
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